Celiachia e aborti: cosa serve sapere

Chi soffre di celiachia ha maggiori problemi di fertilità e alto rischio di aborto spontaneo. La soluzione è sempre quella di seguire una dieta senza glutine. Ma purtroppo, il problema rimane in chi non sa di essere celiaco.

Pubblicato il 25/09/2013
Celiachia e aborti: cosa serve sapere

La celiachia per le donne è un problema doppiamente grave. Non bastano gli intensi disturbi intestinali dovuti alla perenne intolleranza al glutine, che costringono a seguire una dieta alternativa piuttosto costosa e complessa. Le donne sono infatti colpite anche in un altro aspetto altrettanto serio: la fertilità.

Oltre che all'ambito alimentare, la celiachia è dunque un problema anche nell'aspetto ginecologico. Chi soffre di celiachia è molto esposto ad aborti spontanei, come ha dimostrato una recente ricerca dell'Università Cattolica di Milano insieme al Policlinico Gemelli di Roma.

Oltre che ad avere maggiori difficoltà nel rimanere incinta, le donne celiache, in caso di gravidanza, hanno purtroppo un'elevata frequenza di complicazioni, come i ritardi nell'accrescimento del feto e l'osteoporosi. Questo perché la celiachia, per sua natura, "divora" la placenta distruggendo il nido in cui dovrebbe restare protetto e nutrito il feto: gli anticorpi malfunzionanti che sono alla base della celiachia, in caso venga ingerito il glutine, si intrufolano fino alla placenta e vanno a distruggere le cellule placentari che permettono al feto di annidarsi nell'utero e nutrirsi.

Per evitare queste spiacevoli complicazioni, vale lo stesso consiglio in campo alimentare: evitare assolutamente alimenti contenenti glutine. Tuttavia, essendo numerose le donne che soffrono di forme più o meno leggere di celiachia senza esserne consapevoli, e dunque continuando a consumare cibo con glutine, i casi di aborto spontaneo sono abbastanza numerosi. La ricerca dell'Università Cattolica di Milano, condotta dall'équipe del professor Antonio Gasbarini, ha affermato che «in un caso su due, una donna celiaca che non segue una dieta senza glutine va incontro ad aborti ricorrenti», nonché che «il rischio aborto è triplicato in presenza di celiachia».

In caso una donna non riesca a rimanere incinta oppure abbia frequenti casi di aborto, se prima la spiegazione era difficile, oggi c'è qualche elemento in più per avere una risposta: il ginecologo può sospettare che la paziente sia celiaca osservando i tratti caratteristici delle persone affette da questa malattia, come la bassa statura, l'anemia, i disturbi intestinali e generici, le osteopenie precoci e, di solito, il basso indice del peso corporeo. Inoltre, spesso le donne che soffrono di celiachia hanno anche frequenti irregolarità del flusso mestruale, che è proprio ciò che le spinge a chiedere consiglio al ginecologo. È qui che il medico deve affrontare seriamente con la paziente il discorso celiachia-aborti. La diagnosi precisa si può ottenere con l'AGA test, il TGA test o col dosaggio delle IgA; ma in casi estremi anche con la biopsia del duodeno distale. Curare la celiachia in prospettiva di una gravidanza è dunque un obbligo che deve coinvolgere anche il ginecologo, e non soltanto il medico allergologo e quello di famiglia. È insomma fondamentale che i professionisti del settore si insospettiscano davanti a una paziente che è andata incontro ad aborti ricorrenti e che, quindi, eseguano uno screening diagnostico per escludere la possibilità di essere in presenza di celiachia. Tenendo sotto controllo la malattia con la dieta senza glutine, infatti, il tasso di aborti delle donne celiache diventa pari a quello delle donne sane.

La celiachia colpisce una persona su cento, e purtroppo spesso non viene riconosciuta perché dà sintomi scarsi o nulli. Dunque molte persone ne soffrono senza saperlo: una situazione molto pericolosa per le donne, proprio perché è ormai certo che la celiachia è collegabile a molti problemi ginecologici (dagli aborti ricorrenti, a problemi e ritardi di sviluppo fetale, dai parti prematuri alla menopausa precoce e all’osteoporosi).

I ricercatori della Cattolica hanno identificato tutti i passaggi che portano una donna celiaca a perdere il feto: tra gli anticorpi “impazziti” prodotti dall’organismo malato, ci sono quelli attivi contro l’enzima transglutaminasi che serve a demolire la gliadina, una componente del glutine.

Gli studiosi della Cattolica di Roma sono stati i primi a dimostrare che gli anticorpi anti-transglutaminasi sono in grado di determinare un danno alla funzionalità placentare, con relativa inibizione della capacità invasiva delle cellule placentari, che è essenziale per permettere l’impianto dell’embrione.

Inoltre, poiché precedenti studi avevano dimostrato che a livello placentare in donne celiache si formano dei depositi di gliadina, i ricercatori della Cattolica hanno valutato l’effetto della gliadina su campioni di placenta di donne celiache in cura (cioè a dieta senza glutine), che avevano portato normalmente a termine una gravidanza. I ricercatori hanno rilevato una forte risposta immunitaria con infiltrazione linfocitaria tissutale e al tempo stesso infiammatoria che ha portato a morte le cellule placentari. È chiaro, quindi, che nelle donne celiache, anche se asintomatiche, gli anticorpi malati vanno a far danni anche nella placenta.

L'unica soluzione preventiva all’aborto nelle donne celiache è insomma quella di seguire una stretta dieta senza glutine, almeno da sei mesi prima del concepimento, in modo da azzerare la presenza dei distruttivi anticorpi anti-transglutaminasi in circolo nel sangue.

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