Incidenza della celiachia nel mondo: aumentano le diagnosi

In Europa e Stati Uniti la situazione è stabile (1% della popolazione), ma la malattia sta emergendo notevolmente in Asia. Rimangono invece quasi immuni l'Africa, il Medio Oriente e il Pacifico.

Pubblicato il 28/08/2014
Incidenza della celiachia nel mondo: aumentano le diagnosi
La celiachia continua ad aumentare nella popolazione globale, ma non in maniera omogenea. Questo il risultato di un recentissimo studio pubblicato dal Journal of Pediatric Gastroenterology & Nutrition, realizzato dai ricercatori del Dipartimento di pediatria dell'Università delle Marche e dal Centro per la ricerca in celiachia del Massachustetts General Hospital. Lo studio fa il punto sull'incidenza della celiachia in tutto il mondo, evidenziando le differenze a livello geografico.

Innanzitutto, la ricerca specifica che l'aumento della malattia celiaca potrebbe in realtà essere dovuto al miglioramento delle tecniche di diagnosi e alla maggiore consapevolezza dell'esistenza di questa patologia: insomma, rispetto a due decenni fa, è probabile che siano aumentati solo i diagnosticati, ma che la celiachia abbia conservato all'incirca la stessa incidenza. Questo potrebbe essere il caso soprattutto dell'Europa del Nord e degli Stati Uniti, dove la celiachia è storicamente presente, ma dove si registra un aumento della sua presenza.

Lo studio esamina la diversa presenza anche in macro-aree geografiche: in Europa la celiachia colpisce in media l'1% della popolazione, ma in Svezia e Finlandia arriva fino al 3%, mentre in Germania appena lo 0,2%. L'aumento maggiore delle diagnosi è però avvenuto in Scozia, dove dal 1990 al 2009 i celiaci diagnosticati a livello pediatrico sono aumentati di 6 volte. Per quanto riguarda gli Usa, nel 1975 solo lo 0,2% della popolazione era diagnosticata come celiaca, mentre nel nuovo millennio la quantità è quintuplicata. Le ragioni di questi cambiamenti non sono chiare, ma giocano un ruolo importante le componenti ambientali: variazioni nella quantità e qualità del glutine ingerito, modelli di alimentazione nei bambini, spettro di infezioni intestinali, colonizzazione del microbiota intestinale, eccetera.

Più difficile da spiegare, invece, l'aumento di celiaci in Asia. Qui la causa potrebbe essere il cambiamento significativo delle abitudini alimentari: tradizionalmente gli asiatici hanno sempre seguito una dieta naturalmente povera di glutine, ma l'occidentalizzazione del loro cibo (con l'introduzione di pasta e pizza in primis, al posto del riso) ha certamente aumentato l'utilizzo di cereali contenenti glutine, soprattutto nell'alimentazione infantile, e questo potrebbe spiegare la nuova tendenza. Ricordiamo, infatti, che la celiachia si può presentare in una persona già geneticamente predisposta all'intolleranza al glutine.

La conoscenza dell’epidemiologia della celiachia in Asia è ancora limitata e per lo più confinata in India, dove questo disturbo viene più frequentemente riconosciuto, sia nei bambini che negli adulti. La frequenza in India sembra essere maggiore nella parte settentrionale del paese, definita "cintura celiaca", si presume per la diversa distribuzione della coltivazione del grano e del riso tra nord e sud. Le stime parlano di 5-8 milioni di persone che dovrebbero essere affette da questa malattia in India. Infine, in paesi come Giappone, Indonesia, Corea, Filippine e molte piccole isole del Pacifico questo disturbo dovrebbe essere raro, visto il basso consumo di frumento e la bassa frequenza di genotipi predisponenti.

Per quanto riguarda l'Africa del nord e i paesi del Medio Oriente, la celiachia è presente con un tasso diagnostico ancora molto basso, soprattutto a causa della scarsa disponibilità di strutture mediche e di consapevolezza quasi inesistente. Unica eccezione in Saharawi, una popolazione araba che vive nel Sahara occidentale, dove la prevalenza di celiachia è eccezionalmente elevata (5.6%) per ragioni che sono attualmente poco chiare.

Attualmente, nessun paese effettua screening di massa per la malattia celiaca, fatta eccezione per la piccola Repubblica di San Marino. Le principali limitazioni allo screening sierologico di massa sono la difficoltà di stabilire la corretta età di screening, la variabilità nella storia naturale di sensibilizzazione al glutine e le questioni etiche nel trattamento di soggetti con malattia celiaca clinicamente silente.

Al momento, si stima dunque che oltre il 50% dei casi di celiachia rimanga per ora non diagnosticata. È, tuttavia, indiscutibile che i gruppi con una alta frequenza della malattia dovrebbero essere regolarmente testati per la malattia celiaca. In questo contesto, sarà importante valutare l’efficienza di uno screening basato sulla determinazione rapida degli autoanticorpi o dei geni predisponenti. In conclusione, i dati disponibili suggeriscono che l’incidenza della celiachia sta aumentando e che la malattia è attualmente molto più comune in alcune aree in cui in passato era inesistente. Servono ulteriori studi anche per chiarire il ruolo dell’alimentazione nell’infanzia sullo sviluppo della malattia celiaca.

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